Arto Tolsa durante un'intervista (immagine: yle.fi)
La storia sportiva di un paese non è fatta solo di eroi celebrati da libri e, più recentemente, da radio, tv e internet.
Ci sono anche persone che, dopo una carriera straordinaria, se ne vanno in punta di piedi, in silenzio. Un tipico silenzio finlandese. Solo dopo, quando oramai non si può più tornare indietro, ci si rende veramente conto di quanto quelle persone abbiano significato.
Arto Tolsa nasce a Kotka, città della Finlandia meridionale, il 9 agosto del 1945. L'Europa si sta leccando le ferite di guerra, e meno di un mese dopo il mondo avrebbe scoperto la spaventosa potenza della bomba atomica. La Finlandia, dopo la guerra d'inverno, è in ottimi rapporti con l'ingombrante vicino russo, grazie alla mediazione del generale Mannerheim, e la sua neutralità a livello internazionale (la cosiddetta "linea Paasikivi", dal nome del presidente della Repubblica che per primo la adottò, proseguita poi anche da Urho Kekkonen) le garantisce una relativa tranquillità economica e sociale.
Il calcio inizia pian piano a prendere piede anche in Finlandia, seppur con una dimensione ancora quasi del tutto dilettantistica. E nel Kotkan Työväen Palloilijat (o, se preferite, KTP), inizia a farsi strada questo ragazzone di 186 cm. Esordio in prima squadra a 18 anni, nel 1963, e gol. Tanti gol. 108, per la precisione, in 130 partite di campionato. Una media pazzesca, persino in quegli anni. Il KTP vince la Coppa di Finlandia nel 1967 e Tolsa attira su di sé le attenzioni di molte squadre, anche e soprattutto estere. La consacrazione definitiva avviene il 25 giugno del 1969. A Helsinki si disputa una partita per le qualificazioni ai mondiali messicani. Avversario, la Spagna. Il ruolino dei biancazzurri, fino a quella gara è impietoso: tutte sconfitte, e che sconfitte! 2-1 e 6-1 dal Belgio, 5-1 e 9-1 dalla Jugoslavia. La Finlandia è praticamente lo sparring partner del girone, ma contro gli iberici è un'altra musica: in venti minuti la squadra va sul 2-0 e il risultato non cambia più fino al triplice fischio. È la più grande impresa del calcio finlandese, che prima di allora aveva vinto soltanto una partita nelle qualificazioni a mondiali ed europei. Arto Tolsa segna il secondo gol ed è pronto a spiccare il volo. Destinazione, Belgio.
Al Beerschot, club di Anversa, Tolsa arretra il suo raggio d'azione, passando da attaccante puro a libero. E i risultati non tardano ad arrivare. Con la formazione belga gioca fino al 1979, collezionando 200 presenze, 14 reti e due coppe del Belgio, oltre ad essere nominato per tre volte "calciatore finlandese dell'anno" (nel 1971, 1974 e 1977). Poi il ritorno a Kotka, dove chiude la carriera nel 1982, facendo in tempo a vincere un'altra coppa nazionale due anni prima. È in assoluto il miglior giocatore della storia del KTP (201 presenze e 126 reti totali), oltre che, fino ad allora, quello con più presenze in Nazionale (77, con 9 reti).
Lo stadio di Kotka, rinominato nel 2000 "Arto Tolsa Areena" (immagine: openbuildings.com)
Dà così tanto al calcio che, quando si ritira, la tristezza e la solitudine prendono il sopravvento. Qualche lavoro saltuario, la carriera di allenatore che non decolla, la routine della vita quotidiana, e l'alcol che comincia a farsi strada. Una spirale senza fondo, che trova il suo termine il 30 marzo del 1989, quando Kotka apprende la notizia che Arto Tolsa, uno dei suoi figli più celebri, se n'è andato a 43 anni.
Tolsa è stato inserito nella Hall of Fame del calcio finlandese nel 1993 e, sette anni dopo, gli è stato intitolato lo stadio di Kotka. Riconoscimenti doverosi per un campione andatosene troppo presto, e in silenzio. Un tipico silenzio finlandese.
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